chat   
| Ricerche | Foto | Body Builders | Articoli | News | Link | Annunci | Mappa | Book | chi siamo
Home / Articoli
Wellness

Cinetica semplificata di un farmaco, di Dr. Francesco Di Pierro


  • Giornata stressante, le solite tensioni sul lavoro, e qualche ora di sonno persa.
    Gli ingredienti per un bel mal di testa, di quelli che pulsano sulle tempie, ci sono tutti.
    Difficilmente sopportabile, l'unico desiderio è che passi, e in fretta.
    Rimedio?
    Ecco la ricetta: una piccola compressa bianca e un bicchiere d'acqua per ingoiarla con maggior facilità.
    Il più è fatto; 45 minuti al massimo e il principio attivo contenuto nella compressa avrà fatto il suo dovere. Bisogna solo aspettare. Come previsto, 45 minuti dopo, il dolore è scomparso. Unico "strascico" al fenomeno, l'urina che, 4-6 ore dopo aver assunto la compressa, diviene di un giallo brillante decisamente più intenso del normale.


  • Freddo intenso, vento, un po' di batteri.
    Risultato?
    Placche biancastre sulle tonsille, mal di gola e difficoltà nella deglutizione. Serve l'antibiotico. Ogni 8 ore, tre volte al giorno, per tutta la settimana. Dopo 48 ore le placche cominciano a ridursi, quindi nelle successive 72 ore scompaiono definitivamente. Per tutta la settimana l'urina è brunastra.

Ma cosa è successo? Che cosa lega la scomparsa del mal di testa o delle placche in gola con l'urina più intensamente giallastra o addirittura più scura? Per rispondere a queste domande, proviamo ad analizzare (con le necessarie ed ovvie semplificazioni) quello che, nel tempo, succede idealmente ad un farmaco immediatamente dopo la sua ingestione e seguiamone il percorso mentre attraversa il corpo umano.
  1. Immediatamente dopo averla ingerita, la compressa viene sospinta, attraverso i movimenti ritmici dell'esofago,nello stomaco. Se l'assunzione avviene con un po' d'acqua, e se l'esofago non ha problemi di adesione, la compressa raggiunge lo stomaco nell'arco di 5-10 secondi (i tempi si allungano anche di molto nel caso vi siano problemi di adesione).
  2. Nello stomaco la compressa comincia a disgregarsi e a liberare il principio attivo in essa contenuto. Se lo stomaco era vuoto e la compressa facilmente disgregabile, sono passati dai 2 ai 10 minuti.
     
  3. Il principio attivo (nel caso per esempio degli analgesici il cui assorbimento è favorito da un ambiente acido)comincia ad essere assorbito a livello dello stomaco. Sono passati circa 20 minuti.
     
  4. Se il principio attivo viene invece assorbito meglio in ambiente alcalino (il contrario di "acido"), bisogna attendere il passaggio della compressa, ormai disgregata, nell'intestino tenue. Se lo stomaco era vuoto il passaggio del farmaco nell'intestino tenue è rapido (sono passati 15-20 minuti); se lo stomaco era pieno il suo svuotamento potrebbe aver richiesto anche 4-6 ore.
     
  5. Attraverso meccanismi passivi, il principio attivo attraversa la mucosa gastrica e/o quella intestinale e si riversa nel circuito venoso portale grazie al quale raggiunge il fegato (sono passati circa 20-40 minuti).
     
  6. Una percentuale molto variabile (dal 5 all'80%) del principio attivo viene generalmente disattivata da questo primo passaggio nel fegato. La quota che supera indenne il fegato si riversa totalmente nel torrente circolatorio. Sono passati, nella maggioranza dei casi, 30-45 minuti.
     
  7. In molti casi nel torrente circolatorio il principio attivo viaggia legato a proteine plasmatiche (ad es. l'albumina) e attraversa l'intero organismo distribuendosi nei vari organi bersaglio dove, separatosi dal vettore proteico, espleta la sua azione (sono passati 40-120 minuti).
     
  8. Nel frattempo, ad ogni passaggio epatico corrisponde la disattivazione di una quota di principio attivo. A disattivare il farmaco provvede un sistema enzimatico, presente nel fegato, noto come citocromo P450. Oltre alla sua disattivazione, il citocromo P450 provvede ad attaccare al farmaco disattivato una sostanza veicolante (ad es. l'acido glucuronico) che gli permetterà di viaggiare in direzione dei reni con maggiore facilità (sono passati 60-180 minuti
     
  9. Grazie al lavoro dei reni, il principio attivo, disattivato e veicolato, viene concentrato nell'urina nella quale può determinare un piccolo cambiamento nel colore. Nell'arco delle 3-24 ore successive (vi sono però dei casi in cui il farmaco viene escreto per giorni) il principio attivo viene eliminato quasi interamente attraverso questa via.
Ovviamente, quanto raccontato è relativo soltanto al principio attivo presente in un farmaco, e cioè a non più del 10% di ciò che è stato realmente ingerito. Il rimanente 90%, privo della benché minima attività terapeutica, non segue lo stesso percorso e per gran parte permane nel tratto gastrointestinale attraverso il quale viene espulso. Questo 90% è costituito dagli eccipienti, elementi terapeuticamente inerti grazie ai quali però il farmaco assume le varie “forme” farmaceutiche che ognuno di noi conosce: compressa, confetto, capsula, pillola e pastiglia (non sono sinonimi, vedi boxino).

Gli eccipienti sono assolutamente fondamentali per un principio attivo. Lo stabilizzano, lo proteggono, ne permettono un migliore assorbimento. Sono così fondamentali che in una specialità medicinale è possibile cambiarli soltanto dopo aver dimostrato, attraverso studi di “bio-equivalenza”, che l’attività del principio attivo, nonostante le sostituzioni negli eccipienti, non viene alterata.
Dieci sono i tipi di eccipienti che prendono posto in una compressa:
  1. lo stabilizzante (rende inalterabile il principio attivo),
  2. il diluente (sostanza inerte attraverso la quale si fa raggiungere alla compressa il peso finale desiderato),
  3. l’assorbente (fissa il principio attivo e lo difende dall’umidità),
  4. il legante (tiene saldamente legate tutte le sostanze che costituiscono la compressa),
  5. il disgregante (facilità la disgregazione della compressa e permette la liberazione del principio attivo),
  6. il lubrificante (permette lo scorrimento delle varie particelle e quindi la loro compressione),
  7. il colorante (colora la compressa),
  8. l’aromatizzante (maschera l’odore forte di alcuni principi attivi),
  9. il dolcificante (dolcifica, lo si usa quando il farmaco deve essere sciolto in bocca).
  10. i ritardanti (anche se ultima, categoria certamente non meno importante).
I ritardanti sono generalmente dei polimeri che si disgregano solo in condizioni di opportuna acidità o basicità. I polimeri che si sciolgono negli acidi vengono impiegati quando occorre liberare il principio attivo nello stomaco (che è un ambiente acido); se al contrario si vuole impedire che il prodotto si disgreghi nello stomaco ma ne si vuole favorire la liberazione a livello dell’intestino, si impiegano polimeri che si sciolgono in ambiente basico (l’intestino è un ambiente basico). Se si vuole favorire il rilascio del principio attivo per tempi lunghi, si possono fare “strati” di polimeri.
Un cuore centrale, ricco di principio attivo e rivestito per disgregarsi nell’intestino; ed una porzione periferica, anch’essa contenente del principio attivo, rivestita per disgregarsi nello stomaco.
Conseguenza?
Il rilascio, ed il conseguente assorbimento del principio attivo, avverrà tanto nello stomaco quanto nell’intestino e durerà alcune ore. E così anche la sua azione.

Appare allora ovvio che lo sfaldamento del rivestimento più esterno o lo sbriciolamento dell’intera “forma” farmaceutica da ingerire sono pratiche da evitarsi perché rischiano di alterare seriamente l’azione del farmaco. Al più, nel caso la compressa risulti particolarmente voluminosa e quindi di difficile ingestione (comunque non è mai più di 1.2-1.5 cm nel suo asse maggiore) la si può, operando una pressione sul “taglietto” che alle volte è presente nella porzione centrale, dividere in due.

back